
Immagine www.aids.about.com
Le resistenze
L’HIV si riproduce molto velocemente facendo copie di se stesso miliardi di volte al giorno. Nel replicarsi spesso vengono compiuti errori: molti di questi sono “fatali” per il nuovo virus, altri non lo sono. Le differenze piccole e strutturali di una copia rispetto all’originale sono dette mutazioni. Alcune di queste si verificano proprio nella parte dell’HIV che è colpita dai farmaci antiretrovirali. Quando questo accade, il virus mutato è meno sensibile allo specifico farmaco cioè si sviluppano le resistenze.
Per alcuni farmaci (detti ad alta barriera genetica) è invece necessario che siano selezionate una serie di mutazioni progressive prima che esso smetta di essere efficace completamente. Questi ceppi di HIV sono detti farmaco-resistenti e lo possono essere a differenti gradi o livelli.
Solitamente una persona si infetta con un ceppo che non presenta alcuna mutazione, questo ceppo è detto selvaggio(wild type) e su di esso, per definizione, agiscono tutti i farmaci antiretrovirali.
Oggi , vista la diffusione delle terapie, specialmente nel mondo occidentale, esiste la possibilità di subire infezione con un ceppo virale con le resistenze ad alcuni farmaci, quindi con alcune mutazioni.
Se l’infezione è recente (da un anno o due) viene eseguito un test di resistenza per verificare che il ceppo sia selvaggio. Se al momento della diagnosi di HIV-positività non è stato effettuato il test di resistenza, è consigliabile farlo prima di iniziare un trattamento.
Una terapia combinata efficace, è necessaria per abbattere la carica virale e riduce al minimo la possibilità che emergano ceppi resistenti e diventino dominanti. E’ anche necessario assumere sempre i farmaci a dosaggio prescritto( aderenza), di modo che la loro presenza costante, plasmatica e intracellulare, garantisca che non emergano ceppi resistenti.
Durante il trattamento, la possibilità di sviluppare resistenze è maggiore se non si ottiene l’abbattimento della carica virale.
Se la carica virale invece è inferiore a 50 cp/ml, le copie di virus prodotte ogni giorno sono talmente poche da ridurre quasi a zero la probabilità di emersione di mutazioni che conferiscono resistenza.
Quando una combinazione di farmaci non è più in grado di azzerare la carica virale, è necessario cambiarla con una nuova terapia, composta da farmaci che spesso coinvolgono diverse classi di medicinali. Molte mutazioni, infatti, sono trasversali (concetto di resistenza crociata), cioè comuni a più farmaci della stessa classe. Mantenendo la carica virale non rilevabile, si previene anche la possibilità di resistenze crociate e quindi del fallimento virologico di tutti i farmaci disponibili.
Se sei già in trattamento, il controllo periodico della carica virale (almeno ogni 3-4 mesi) è particolarmente importante.
Nel caso in cui la tua carica virale fosse aumentata, viene fatto un secondo test di conferma che dovrebbe essere eseguito lo stesso giorno in cui ricevi il risultato della prima carica virale.
I blips, ossia aumenti isolati della carica virale poco sopra le 50 cp/ml, sono abbastanza frequenti. In alcuni casi, eseguendo un nuovo test sullo stesso campione di plasma, la percentuale di errore può essere anche del 50%.
Ridurre il rischio di resistenze
E’ il primo obiettivo da porsi su un regime terapeutico che funziona, che quindi abbia ridotto la carica virale a valori < 50 cp/ml e che stia permettendo un buon recupero immunologico.
Nel momento in cui un regime terapeutico non sia in grado di abbattere la carica virale completamente, l’aggiungere un ulteriore farmaco al regime base di tre farmaci, intensificando la terapia, potrebbe causare il più rapido emergere di resistenze a quel farmaco.
In situazioni standard vengono cambiati completamente tutti i farmaci della combinazione.
Molti studi hanno ormai dimostrato che il successo di una risposta migliore al secondo trattamento è condizionato dal cambiamento di terapia quando la carica virale è ancora abbastanza bassa.
Nel momento in cui un regime terapeutico è efficace, quindi in presenza di carica virale minore di 50 cp/ml, il cambiamento dello schema terapeutico potrebbe avvenire proprio, tra l’altro, per prevenire la formazione di resistenze e mantenere farmaci disponibili per l’uso nel futuro.
Il periodo di tempo dopo quanto cambiare la terapia funzionante non è a priori quantificabile in quanto dipendente da differenti fattori.
Questi sono, ad esempio, la gestione a lungo termine degli effetti collaterali, i risultati degli esami biochimici alterati, dei parametri epatici e renali non conformi. Il concetto della rotazione di regimi terapeutici, secondo soprattutto la sensibilità clinica del medico, potrebbe essere un buon modo per ridurre al minimo il rischio dello sviluppo di resistenze e contemporaneamente gestire gli effetti collaterali e le alterazioni metaboliche dovute ai farmaci.
Molte persone HIV+, da molti anni in terapia, con la supervisione del proprio medico, sono riuscite in questo.
Test di resistenza
I test di resistenza permettono di determinare quali sono i farmaci ai quali non si è più sensibili. E’ possibile effettuare un test di resistenza solo se la carica virale è maggiore di circa 1000-1500 cp/ml.
Un test di resistenza genotipico (o “genotipo”) analizza la struttura genetica del virus per determinare i cambiamenti rispetto al ceppo originario (ceppo selvaggio). Determinate mutazioni sono associate alla resistenza a precisi farmaci. Esaminando i cambiamenti della struttura genetica del virus rispetto a queste mutazioni è possibile capire abbastanza chiaramente quali farmaci potrebbero funzionare e quali no. Sebbene questi test non riescano a mettere in evidenza livelli molto bassi di resistenza, rappresentano comunque una guida essenziale per scegliere i farmaci della nuova combinazione. Il costo di questi test è molto inferiore al costo di un farmaco che non funziona.
Sebbene il test genotipico non sia in grado di determinare quali farmaci funzioneranno, esso è comunque in grado di individuare i farmaci che certamente non funzioneranno: un’ informazione fondamentale per costruire una terapia efficace.
Il test per le resistenze di tipo fenotipico (o “fenotipo”) analizza la reazione del virus della singola persona messo a contatto con un farmaco in provetta. Il test è in grado di determinare quanto la persona singola sia sensibile (o resistente) ad un determinato farmaco, individuando quelli che stanno ancora funzionando e/o che in futuro potrebbero funzionare.
I risultati esprimono quanto il virus della persona sia più resistente al farmaco rispetto ad un ceppo completamente sensibile. Per esempio, le resistenze di “10 volte” ad un farmaco significa che si dovrebbe usare un dosaggio dieci volte superiore per ottenere lo stesso risultato che è possibile ottenere sul ceppo selvaggio.
Considerato che alcuni farmaci potrebbero essere ancora utili anche nel caso in cui la sensibilità risulti ridotta, l’interpretazione clinica dei risultati del test fenotipico non è sempre facile.
Il test fenotipico è raccomandato quando il test di resistenza genotipico non è in grado di fornire un risultato sufficientemente chiaro ed accurato.
Rispetto al genotipo i costi sono superiori. Sono necessarie più settimane prima di ottenerne i risultati.
Per finire, il test del fenotipo virtuale si basa sui risultati di un test genotipico correlato ad una banca dati che raccoglie i risultati di migliaia di test fenotipici.
Estratto da: Guida per chi inizia la terapia contro l’HIV-Nadir Onlus Le resistenze sull’HIV
Adattamento a cura della redazione del Poloinformativohiv
Le informazioni qui contenute non intendono sostituire quelle fornite dal medico curante.
Approfondimenti